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Canada: Facebook vietato agli insegnanti

Social network e didattica, social network nella didattica, social network per la didattica, didattica con i social network, didattica senza social network. Implicazioni, possibilità, consapevolezza, limiti, privacy, pubblico vs privato ecc.
Tutte cose di cui mi sto occupando, per lavoro e per passione, come sapete.

Argomento: formazione formatori. Come dovrebbero rapportarsi i docenti in una relazione didattica che include, a qualunque livello, anche i social network e quindi l’interazione online attraverso mail, chat, social network ecc?

Leggo questa notizia: l’Ontario College of Teachers, in pratica il collegio dei docenti delle scuole pubbliche dell’Ontario, in Canada, vieta ufficialmente ai suoi 230.000 docenti iscritti di accettare le richieste di amicizia su Facebook da parte dei loro stessi studenti.

Non c’è da urlare allo scandalo, proviamo ad approfondire la posizione presa dell’Ontario College of Teachers.

Sul sito dell’Ontario College of Teachers è possibile scaricare una copia delle 8 paginette del documento dal titolo Professional Advisory on the Use of Electronic Communication and Social Media. Si tratta dei suggerimenti per usare la comunicazione digitale e i social media professionalmente. Da insegnanti. Consapevoli del ruolo e dei mezzi utilizzati.

Quale condotta dovrebbe tenere un docente quando invia messaggi via internet? Troviamo nel documento anche spiegazioni in merito alle possibili implicazioni davanti alla legge di eventuali comportamenti poco consoni.

Ovviamente si parla di comunicazione/relazione insegnante/studente, quindi adulto/minore.

E’ un documento sull’etica professionale dell’insegnante.

Si consiglia di comunicare con i propri studenti attraverso i canali web durante orari del giorno appropriati e solamente attraverso le piattaforme didattiche o o gli strumenti precedentemente concordati.

E non è certo un cattivo consiglio.
Andiamo avanti nell’esplorazione del documento.

I social media non sono stati pensati per scopi educativi. Possono essere piegati a strumenti didattici solo con la consapevolezza dei rischi e dei limiti che tale approccio comporta.

Facebook non viene totalmente bannato dalla classe e vietato ai docenti, no. Eventuali pagine o gruppi Facebook utilizzati per la didattica in classe sono permessi, così come la maggior parte dei social media, quando sono ambienti/strumenti utilizzati per l’apprendimento o la comunicazione educativa.
Sono ambienti per la comunicazione di gruppo, dove il rapporto docente/classe è abbastanza chiaro, dove si condividono materiali, si cercano informazioni, si discute insieme.

Ai docenti viene però proibito (non sconsigliato, badate bene proibito) di comunicare con gli studenti attraverso vie di contatto personali e quindi in via privata (messaggi privati, mail private, chat private su instant messenger o attraverso il profilo personale di Facebook).

Questo perchè l’insegnante svolge una professione pubblica. Il senso di professionalità va mantenuto in tutte le occasioni, pubbliche e private.

Secondo il documento dell’Ontario College of Teachers, i docenti non devono accettare le richieste di amicizia degli studenti e non devono mai proporre a loro volta richieste di amicizia verso i ragazzi delle classi in cui insegnano.

Secondo loro, quando un insegnante e uno studente sono amici, a livello personale, su un social network o su un ambiente online, la dinamica di interazione/comunicazione tra docente e studente è compromessa.
Si oltrepassa quella linea invisibile che divide il professionale dal personale.
Oltrepassare questo confine e sconfinare nella relazione troppo personale potrebbe portare a conversazioni troppo informali nel privato.
E spesso tra un adulto e un adolescente, potrebbe non essere il caso.
Una conversazione casuale e informale in rete può essere manipolata o non compresa fuori contesto.
Soprattutto, una conversazione data in pasto alla rete attraverso uno dei suoi canali, può sfuggire dal controllo e portare a conseguenze spiacevoli.
L’identità online e la propria reputazione, se mal gestita, può rivelarsi un boomerang nei confronti del docente e può portare a situazioni imbarazzanti.

Oltre al documento, è stato creato un video di sei minuti, che posto anche qui, molto interessante. E’ un video sulla responsabilità nell’uso dei social media che riprende il documento ma in maniera molto più propositiva.

Nel video, infatti, vengono evidenziate le possibilità innovative dell’uso dei social media nella didattica, molto diffuse nelle scuole del Canada.

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Il messaggio che si ricava dai materiali diffusi dall’Ontario College of Teachers è questo: un insegnante è insegnante sempre, in classe e fuori dalla classe. E questo è tanto più valido sui social network, dove non può dismettere l’abito professionale di educatore.

Un docente deve operare sempre secondo ben precisi standard comportamentali e presentarsi quindi sempre all’esterno come professionista dell’educazione e quindi modello per i ragazzi.

Pare che in Canada/USA un docente possa anche essere licenziato o perseguito legalmente per commenti troppo accesi o sconvenienti sui social media, anche se in ambiti riferiti alla propria rete di relazioni private.

Aprirei la discussione con i colleghi, a questo punto.
Cosa pensate in merito a queste linee guida di uso dei social network e della comunicazione in rete nel rapporto insegnante/alunno?
Siamo o non siamo insegnanti sempre, e quindi anche sui social network?
Abbiamo ben chiaro il funzionamento dei social network, della nostra identità digitale, della privacy ecc?

Via allfacebook

11 thoughts on “Canada: Facebook vietato agli insegnanti

  1. concordo con chi sostiene che i social network andrebbero vietati agli insegnanti. Distaccano dal vero ruolo. Così ci giochiamo quel poco di autorità che ancora ci rimane

  2. Buongiorno Caterina
    leggo con interesse questi argomenti e mi incuriosiscono le novità che da varie parti del mondo nascono intorno alla pratica del fare didattica col supporto delle NT e dei new media, in particolare con FB e blog.La mia esperienza a riguardo mi induce a riflettere più che sul loro utilizzo come strategia didattica innovativa ( oggi è impossibile farne a meno) ma sull’uso inappropriato e spesso inconsapevole che ne fanno i giovani e gli stessi insegnanti. Le potenzialità di questi strumenti nel costruire percorsi di insegnamento/apprendimento sono enormi ma occorre risolvere i problemi che stanno alla base: il divario digitale,la scarsa informazione e formazione, la superficialità che impera intorno alle problematiche legate ai minori.Questi problemi sono di tutti:scuola, famiglie,stati sono tutti coinvolti a vari livelli in questa rivoluzione digitale.Penso che le soluzioni canadesi siano eccessivamente limitanti e servano solo a coprire i problemi e non a risolverli.Concordo sul mantenere la professionalità docente nei social network ma fino ad un certo punto; una “chiacchierata” amichevole in chat può risolvere anche gravi difficoltà personali che possono riperquotersi a livello relazionale e nell’apprendimento. Ci sarebbe molto da discutere ancora ma mi fermo qua e, facendo tesoro delle novità dal mondo,vado avanti nella mia personale esperienza che si è trasformata in una vera e propria missione regalandomi la possibilità di ritrovare il profondo senso di fare scuola nella cosiddetta “società della conoscenza”.
    Un saluto
    Clementina

  3. Insegno informatica da 20 anni,gli ultimi dei quali (5), in un professionale.
    Ammetto che ultimamente sono preoccupata.
    Vedo un utilizzo smisurato dei S.N. da parte di alunni sempre più giovani e sempre meno consapevoli degli strumenti e dell’ambiente,genitori ignari e disinformati e professori disorientati e ignari come i genitori di quello che accade in rete e che sottovalutano i cambiamenti di stile cognitivo che la rete comporta.
    Sto frequentando CCK11 e, anche se condivido le idee di base, mi accorgo che si discutono di problematiche che toccano solo una parte dei ragazzi e , mi pare, non la massa che usa senza conoscere. Non ho mai richiesto 1 amicizia su FB ma le ho accettate e vi garantisco che vedo e leggo cose da turchi….senza pudore e ritegno….
    Che fare?
    Insegnante perplessa

  4. Ciao Maura
    il tuo stato d’animo di perplessità e preoccupazione lo condividono in molti purtroppo solo a parole…questo è il vero problema! Vedo colleghi,dirigenti, genitori che preferiscono rifugiarsi nell’ignoranza ed “osservare” gli eventi con falsa e ipocrita indifferenza escludendo anche tutto ciò che di positivo e costruttivo può nascere dall’utilizzo dei new media nella vita dei ragazzi.Non capisco perchè ostinarsi a combattere strumenti come Fb che i ragazzi vivono con naturalezza e che possono stimolare nuove modalità di comunicazione e nuove modalità di apprendimento creativo. Sono del parere che l’utilizzo di più tecnologie e strumenti per l’apprendimento acquistano maggiore forza in questi ambienti sociali perché congeniali ai ragazzi soprattutto per la loro facilità di fruizione e velocità di condivisione e per tutta una serie di motivi che non sto qui ad elencare ma di cui ne sto facendo esperienza ogni giorno dandomi la possibilità di applicare una metodologia innovativa, efficace ed al passo con le loro esigenze formative, espressive, comunicative e relazionali.
    Ma al di là dell’aspetto didattico per il quale ognuno è libero di adottare i propri sistemi c’è sicuramente da riflettere sul ruolo di responsabilità che i docenti e gli adulti in generale occupano nei riguardi di questi ragazzi che vivono ed assorbono con estrema rapidità i nuovi linguaggi della comunicazione.Credo che occorra necessariamente aprirsi verso una visione più ampia di scuola e di formazione,trovare il coraggio di affrontare questa cosiddetta “terza fase” della nostra società con tutte le sue problematiche,cercare di ridurre il più possibile il divario digitale che ossilla di “se”, di “ma”e di “come si fa” l’educazione innovativa e non permette di valorizzare ogni suo aspetto soprattutto quello sociale.
    Questa è la vera emergenza!
    Insegnante fiduciosa

  5. Mi pare davvero strano che una tale notizia non giunga dall’Italia dove non si sa neanche cosa significhi 2.0!

  6. Ciao Prof Clementina!.
    Anche io sono fiduciosa , sono ottimista incallita, ma molto critica anche riguardo uno strumento che uso e ritengo eccezionale. Ciò che mi preoccupa è vedere ragazzi di 15 anni che usano la rete per scoprire il sesso , il proprio corpo, x mostrarsi per esibirsi in foto equivoche porno o provocatorie come si fa da adolescenti, per ricercare una propria identità, per sperimentare modi di essere di relazionarsi, per fare parte del gruppo ma allo stesso tempo per distinguersi in qualsiasi modo da esso… solo che lo fanno mostrando tutto ciò al mondo.
    Quando si hanno 1500 contatti e si lasciano appositamente visibili foto e post ad amici di amici tutti vedono tutto. E di quel tutto come sai rimane traccia per sempre. Ma mostrarsi è una loro esigenza quindi raccomandazioni non servono, e se tratto l’argomento in modo non troppo generico rischio che mi tolgano addirittura l’amicizia senza preoccuparsi in realtà di nulla perchè si ritengono ormai “esperti” di quel mondo. Quasta realtà è solo mia? Tu come l’hai affrontata?
    Maura

  7. Ciao Maura
    io ho a che fare con ragazzini tra gli 11 e i 13 anni, cosiddetti nativi digitali, ma di digitale ne sanno ben poco e quello che sanno lo utilizzano esclusivamente per giocare e comunicare senza avere la minima cognizione dei pericoli e delle conseguenze che stare nella rete comporta. Ho iniziato il mio percorso in questo mondo perchè spinta dal desiderio di trovare nuovi stimoli che potessero attirare i ragazzi verso la mia materia, l’arte,abbastanza bistrattata nella nostra realtà scolastica.E ci sono riuscita, adesso sanno che il pc è uno strumento che serve anche per imparare, divertendosi ad utilizzare le innumerevoli applicazioni e risorse che il web offre a tutti gratuitamente. Insomma, per fartela breve, integro le mie lezioni con i social media che uso come ambienti alternativi alla classe, una sorta di estensione di me stessa e di tutta la mia creatività nell’insegnare e nel comunicare la mia forte passione senza limiti di tempo. Nello stesso momento, e in questo mi sostituisco alla maggior parte degli ignari genitori, fornisco loro tutte le informazioni che riguardano la privacy,i dati ecc ecc con tutorial, video, giochi in maniera molto naturale e divertente.E’ un pò come insegnare i bambini a camminare per strada, le regole si somigliano. Ovviamente non posso raggiungerli tutti, ma quei 130 di loro, membri del mio gruppo di studio su fb sono ben addestrati e protetti.Mi è capitato qualche caso un pò testardo, a quel punto ho interpellato i genitori. Ma già mi sto attivando per prenotare un incontro con gli esperti della Polizia Postale per coinvolgere tutta la scuola, alunni,colleghi e genitori. Mi rendo conto che è più difficile aver a che fare con ragazzi di 15 anni che, come tu dici, si reputano già esperti e soprattutto vogliono a tutti i costi mostrarsi al mondo intero. E’ un modo diverso di affrontare la “vecchia” crisi adolescenziale, di quando si cerca la propria identità e sessualità: noi eravamo soli, oggi si cercano e si ritrovano in gruppi aiutandosi a vicenda.Lo stiamo facendo anche noi in questo momento. Non so cos’altro dirti se non quello di cercare di instaurare con loro un dialogo su queste tematiche il più possibile sereno ed organizzare magari degli incontri formativi con una delle tante agenzie di osservatorio sulle nuove dipendenze.
    A presto

  8. Grazie per i numerosi commenti!
    Mi fa piacere che questo post abbia sollevato un po’ di confronto in merito.

  9. ritengo che non sia giusto vietare i social network agli insegnanti, dopo tutto anche loro hanno una vita privata.piuttosto, se io fossi insegnante, non aggiungerei mai miei alunni come amici: bisogna comunque mantenere un distacco “professionale” tra insegnante e alunno.ma questa rimane solo la mia opinione…

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