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Elefanti, hai visto? Elefanti ovunque. Roba da intossicazione

Nell’intossicazione della comunicazione politica che subiamo tutti, amplificata dai social, Lakoff oltre a rappresentare la metafora dell’elefante dice un paio (anche di più) di cose interessanti, che appunto su questo mio blog per approfondimenti futuri.

Non si tratta di ribaltare un frame comunicativo, si deve costruirne uno proprio, sottraendosi ai frame avversari.

Altrimenti si “pensa all’elefante”, e si va a parlare la lingua dell’avversario — spesso usando le sue stesse parole — oppure usando i suoi argomenti non riuscendo a rovesciarli ma avendo orientato tutto il dibattito attorno a qualcosa cui non si stava pensando. Una politica che non è più azione, ma reazione alla provocazione. Che scatena odio contro odio, rancore contro rancore. Tra gente che ritiene di possedere la sua verità, su tutto e tutte le questioni. Anche quelle che palesemente sono il contrario di quello che dicono.

Allora, non usare il vocabolario dell’avversario per fare le tue proposte e, soprattutto, se l’avversario offre all’elettorato una cornice interpretativa di riferimento della realtà, il tuo compito non è semplicemente confutare quella cornice, ma è piuttosto costruirne un’altra, completamente diversa, se possibile più convincente e rassicurante.

Due appunti dalla lettura del libro di George Lakoff

“Non pensare all’elefante. Come riprendersi il discorso politico”

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