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Di Presidenti e letterine che viaggiano su Facebook

Fatto (in generale): un comunicato, anzi una lettera aperta, da un Presidente di Regione al Presidente del Consiglio, oltre che dai canali ufficiali, diretti e politici, oltre che dai comunicati inviati alla stampa, alle tv e all’informazione online locale e non, passa anche per Facebook.

Cosa c’è di strano? Nulla.

Nel 2013, anzi a inizio 2014, nulla. È il contrario che dovrebbe preoccuparci, è l’assenza dei canali social dalle dinamiche comunicative che dovrebbe impensierirci.

La Pagina del Presidente di Regione è il canale ufficiale di comunicazione disintermediata.
Seguita, letta, condivisa, commentata in maniera aperta, anche da chi non è allineato e schierato dalla stessa parte. Usata quasi quotidianamente, la pagina racconta, coinvolge, chiama alla riflessione e a volte anche all’azione. I numeri della pagina in questione parlano. Si raggiunge una bella fetta di cittadini, una buona visibilità esterna.

Facebook permette di taggare (cioè segnalare al destinatario della missiva che “hey, sto parlando con te, ti chiedo attenzione, altrimenti non sapresti che ti ho scritto”). Basta una @ e il nome.
Facebook permette, con molta trasparenza, anche ai cittadini, di leggere cosa un Presidente di Regione scrive al Presidente del Consiglio e, soprattutto, di commentare, diffondere, esprimere la propria opinione. E, si, certo, di saperlo anche prima di comprare il giornale in edicola il mattino dopo.

Così come Twitter. Canale che permette in 140 caratteri di mandare un messaggio e taggare (ebbene si, anche su Twitter si dice così, basta una @ e il nome utente). Nominare qualcuno in un tweet equivale sempre a dire “hey, parlo con te, leggi qua, altrimenti nel flusso questa cosa te la perdi”.

Nel linguaggio dei due socia media (Facebook e Twitter) è normale, quindi, segnalare con il tagging qualcosa a qualcuno. Nello specifico, il Presidente di Regione che scrive “anche” via Facebook e Twitter al Presidente del Consiglio, taggandolo, sta semplicemente usando il codice giusto, quello proprio dei due strumenti.

Che poi chieda ai suoi “followers” di fare da megafono della missiva, condividendo a loro volta, su Facebook e su Twitter, taggando a loro volta il Presidente del Consiglio, fa ancora parte del codice dei due strumenti, delle modalità di lettura e di dialogo.

Allargare la portata della lettera aperta, grazie a chi legge e condivide a sua volta, e arrivare al destinatario da più fronti. Ad ogni tag o mention, infatti, corrisponde una notifica al diretto interessato. O meglio, stiamo anche un po’ con i piedi per terra, una notifica allo staff social del diretto interessato (che comunque ha avuto la lettera dai canali ufficiali e tradizionali).

O qualcuno veramente pensa che il Presidente del Consiglio stia là, magari dal suo iPad, ad aggiornare il suo Twitter e la sua pagina Facebook? (così come quasi tutte le figure pubbliche)

Dal fatto generale, ai reali protagonisti, da cui prendo spunto per scrivere queste riflessioni.

Protagonisti: il Presidente neoeletto della Regione Basilicata, Marcello Pittella e la sua richiesta, per canali ufficiali in primis e poi anche via social, dello stato di calamità per le zone danneggiate dall’alluvione, al Premier Enrico Letta.

Per me è abbastanza ovvio che la “letterina” non sia stata scritta solo su Facebook.
Che Facebook e Twitter siano solo altri canali per arrivare non a Letta ma alla gente, lucana e non, per tenere ancora alta l’attenzione sull’alluvione e sui territori danneggiati.

È abbastanza ovvio.

Poi compri un giornale (a cui è arrivato il regolare comunicato stampa della lettera di cui sopra, che non ha sicuramente scoperto la lettera su Facebook) e leggi cose che ti fanno riflettere sulla percezione falsata che c’è della comunicazione – politica o meno – che utilizza i social e la rete per veicolare informazioni, con codici diversi e a contesti non immediatamente comprensibili, se non li si frequenta (cosa che invece la gente comune oramai fa, comunque).

Leggo e sorrido su quanto segue, riporto alcuni estratti dell’articolo.
Un post su Facebook, la lettera in questione, descritta come la letterina di Natale che, con le nuove tecnologie, diventa di facile invio per tutti.
Modo diretto di comunicare per i mortali.
Nel terzo millennio basta un click per leggere le dichiarazioni del Presidente.
La caduta dei miti se i carteggi tra un Governatore e un Premier avvengono via Facebook.
Per “disvelare” al cittadino semplice, così che tutto diventa meno misterioso e formale.
Tutto così semplice, lo scrivere su una bacheca Facebook.
Il cittadino “normale” che potrebbe obiettare: a scrivere una lettera al premier su Facebook potevo pensarci anche io, quindi a che serve la Regione?

“Fa specie, comunque, che tra premier e presidenti ci si parli attraverso un social network.”

“Basta un click, un post sulla pagina del presidente di turno, per risolvere qualsiasi problema.”

“Facebook batte tutto e tutti.”

Facebook come pozzo di San Patrizio, dove chiedere e imbustare le proprie doglianze, a portata di mouse.

“Ma il premier ha il tempo di leggere Facebook?”

Nell’articolo si legge infine che non si crede che la politica e l’amministrazione “abbiano più o meno credibilità in base alla quantità di mi piace”.

Pagina seguente, stesso giornale (La Nuova del Sud, Basilicata, pagg. 3/4 del 27 dicembre 2013).

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Non mi tolgo dalla mente l’immagine del Presidente Pittella che, brandendo un mouse, scrive su Facebook la letterina di Natale a Letta. L’immaginario collettivo è servito, il Gladiatore da oggi diventa il Gladiatore col mouse.

Così come continuo a sorridere sui luoghi comuni utilizzati e, ripeto, sulla percezione falsata di queste nuove tecnologie che nuove non sono.

Twitter esiste dal 2006, Facebook da poco dopo, su Facebook siamo circa 20 milioni di italiani, non una manipolo di “maghi del computer”. Per essere novità son datate abbastanza.

Percezione errata di questi social network, che non sono roba da ragazzini ma normali estensioni relazionali di ognuno di noi, anche, a maggior ragione, di chi ha un ruolo pubblico per il quale il dialogo con i cittadini oramai avviene anche attraverso telefonini, messaggi, tweet, post su Facebook, commenti, messaggi privati ecc.

E no, non è vero che il nipote 15enne puó gestire la pagina o il profilo Facebook/Twitter di un politico, di una PA, di un ente, tanto “che ce vó??”

E no, i mi piace non risolvono problemi.
E no, non è facile, non basta un click o un post su Facebook.

C’è una strategia di comunicazione che utilizza e integra i canali dei social media nel dialogo istituzionale, politico, con l’informazione tradizionale. Anche perché, quando si improvvisa, invece, pensando “che ce vó??” puntualmente si sbaglia.

È qualcosa che spiazza, la comunicazione “anche” attraverso i social. Qualcosa con cui, comunque, dobbiamo imparare, tutti, semplicemente a convivere.

O a farsi spiegare come funziona, quando se ne sa poco.

2 thoughts on “Di Presidenti e letterine che viaggiano su Facebook

  1. ho un solo commento da fare, che da 30 anni rimpiango di non essere nata nella generazione di star trek…
    ed abbiamo la prova provata che Pittella, brandendo il mouse cerca di parlare coi sordi….
    pittoresco!!

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  2. Uno degli scopi del marketing è occuparsi della Customer Satisfaction (CS), cioè assicurarsi che un cliente/utente/cittadino sia contento del prodotto/servizio ricevuto.
    La ragione è che serve uno sforzo 5 volte maggiore per acquisire un cliente/utente/elettore nuovo rispetto a far comprare o farsi votare da uno già acquisito.
    Quindi le organizzazioni, utilizzando gli strumenti di supporto al cliente (web, call center, comunicazione) cercano sopratutto di mantenere il cliente.
    Ma c’è un altro problema da gestire con un’ottima CS (perché buona non basta!):
    il passaparola o, come dicono i guru del marketing, il Word of Mouth (WoM).
    le ricerche (anche prima di internet) hanno dimostrato che se si riceve un servizio in linea con le aspettative del cliente, in termini di WoM non accade nulla; cioè nessuno va a dire in giro “sai, sono stato alla pompa di benzina e mi hanno servito bene”.
    altra cosa è se si riceve un servizio superiore alle aspettative, del tipo vado a comprare un’auto e la trovo col pieno fatto. In questo caso “in media” il cliente lo dirà a 2 (due) persone.
    E poi c’è il caso di chi riceve un servizio inferiore alle sue aspettative: in questo caso lo andrà a dire “mediamente” a 11 (undici) persone.
    Ovviamente questo accadeva prima di Internet e prima di Facebook e Twitter ed il resto.
    Il cliente che si lamenta dispone di una potenza di fuoco enorme e, sopratutto, che non controlla: messa una cosa su FB che fine fa? Dove arriva? Che effetti produce?
    Fatta questa premessa (di cose che lo staff di Pittella forse non conosce) e ritornando la caso, mi sembra evidente che Pittella; andando a mendicare aiuto a Letta, abbia dimostrato di essere incapace di gestire da solo una situazione (che non è un bel modo di fare il leader; da cui si vuole sopratutto affidabilità proprio quando ci sono i problemi).
    Non dico che non deve chiedere aiuto (se è previsto che lo possa fare!), ma si fa nelle opportune sedi, alzando il telefono e incavolandosi come una Erinni, ma non si va per Social network a dimostrare di essere impotente di fronte al problema.
    La conseguenza è che il cliente di Pittella percepisce che qualità del servizio che lui eroga è inferiore alle sue aspettative di cittadino pagante e prima lo aggredisce sull’uso dei SN e domani non voterà per lui.
    Perchè altra regola aurea del marketing è che il cliente non guarda alla Qualità Effettiva ma alla Qualità Percepita, e nel caso di specie la qualità percepita è veramente povera.

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