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Decreto Legge Gelmini e riforme della Scuola. Parliamone.

Il testo approvato dal Sentato il 29 ottobre si trova qui.

La pubblicazione del decreto-legge 1°settembre 2008, n. 137, fa registrare – rispetto alle anticipazioni ufficiose e alle stesse dichiarazioni rese dal ministro Gelmini nella conferenza stampa del 28 agosto – importanti e per certi versi inattese novità, tra le quali spicca certamente la decisione di inserire nel testo di legge, all’art. 4, un’indicazione esplicita e netta per il ripristino del modello dell’insegnante unico nella scuola primaria: obiettivo che il ministro, dopo averlo in un primo tempo escluso (tanto che non se ne
faceva cenno nel disegno di legge del 1° agosto), ha successivamente richiamato in ripetute esternazioni e rispetto al quale viene ora impressa una decisa accelerazione.

In un nano secondo il sindacalista che mi è parente mi manda la sintesi del provvedimento e il testo del Decreto Gelmini.

Questi in sintesi i contenuti del decreto, che recupera in parte le disposizioni del disegno di legge licenziato dal Consiglio dei Ministri il 1° agosto scorso.

Art. 1 – Quella che nel disegno di legge si configurava come
introduzione di una vera e propria nuova disciplina di studio, per la
quale si prevedeva anche uno specifico monte ore annuale, si stempera
in un più generico richiamo ad azioni di sensibilizzazione e di
formazione del personale, finalizzate all’acquisizione di conoscenze
e competenze relative a “Cittadinanza e Costituzione”, nell’ambito
delle arre storico-geografica e storico-sociale e del monte ore
complessivamente riservato alle stesse. Si accenna anche all’avvio,
in proposito, di una sperimentazione nazionale.

Art. 2 – Viene riproposto sostanzialmente il contenuto del disegno di
legge per quanto riguarda il ripristino del voto sul comportamento
degli studenti, ma scompare la distinzione circa la modalità di
espressione della valutazione, che ora è prevista in decimi anche per
la secondaria di I grado, stante quanto declinato al successivo art.
3, che reintroduce la valutazione in decimi anche nel primo ciclo di
istruzione. Si prevede la bocciatura in caso di voto inferiore a sei
decimi; si rinvia a successive disposizioni applicative che saranno
oggetto di un apposito decreto ministeriale.

Art. 3 – Anche nel primo ciclo di istruzione (scuola primaria e
secondaria di I grado) la valutazione periodica e annuale degli
apprendimenti viene espressa in decimi; nella scuola primaria, la
stessa è integrata da “giudizi analitici sul livello globale di
maturazione raggiunto dall’allievo”. Vengono operate, rispetto alle
previgenti disposizioni di legge, le necessarie integrazioni,
modifiche, abrogazioni. Anche su questa materia si rinvia ad un
successivo specifico regolamento.

Art. 4 – Si rende esplicita l’indicazione del modello dell’unico
insegnante per classe nella scuola primaria: in questo senso viene
fornita una precisa indicazione di cui si dovrà tener conto in sede
di definizione dei regolamenti attuativi di cui al comma 4 dell’art.
64 del Dl 112, convertito nella legge 6/8/08 n. 133. La formulazione
del testo non consente di valutare in dettaglio la portata
dell’intervento, né gli elementi di gradualità che eventualmente si
vorranno adottare in sede di attuazione dei nuovi criteri, che
sembrano tuttavia prefigurare come modello base quello di una scuola
funzionante a 24 ore, aperta ad ulteriore più ampia articolazione in
rapporto alle esigenze espresse dalle famiglie. Il comma 2 interviene
direttamente sul terreno contrattuale, prevedendo un’apposita
sequenza nella quale definire il trattamento economico dovuto per le
eventuali ore di insegnamento aggiuntive rispetto all’attuale orario
contrattualmente destinato all’insegnamento (22 ore).

Art. 5 – Si stabilisce che l’adozione dei libri di testo avvenga ogni
cinque anni, e che la stessa possa avvenire solo per quei testi
rispetto ai quali è acquisito l’impegno degli editori a mantenerne
invariato il contenuto per un quinquennio.

Art. 6 – Viene ripristinato, come da noi ripetutamente chiesto, il
valore abilitante dei corsi di laurea in scienze della formazione
primaria, venuto meno a seguito dell’abrogazione del comma 5 della
legge 30/01.

Art. 7 – Riguarda le modalità di accesso alle scuole di
specializzazione mediche.

Sul piano delle valutazioni politiche, ci sono delle prese di posizione della Segreteria Nazionale del Sindacato che mi rappresenta, sia di apprezzamento che di totale dissenso:
– apprezzamento per il ripristino del valore abilitante della laurea in scienze della formazione primaria, dopo pressanti richieste;

– condivisione per la scelta di assegnare ai docenti la valutazione anche del comportamento degli alunni, provvedimento che pur non potendosi considerare risolutivo di problemi che richiamano un profondo ripensamento dei contenuti, delle modalità e degli stili (di insegnamento e di apprendimento) che devono contraddistinguere ipercorsi scolastici, si pone in continuità con la precedente produzione normativa volta ad accrescere la serietà e il rigore negli studi.

– Condivisibili risultano le norme che riguardano la destinazione di una quota oraria all’approfondimento delle conoscenze e competenze su cittadinanza e costituzione, così come gli interventi volti ad alleggerire le spese sostenute dalle famiglie per l’acquisto dei libri di testo.

Il Dissenso è invece sull’inatteso inserimento, nel decreto, delle disposizioni relative al docente unico nella scuola primaria. Tale orientamento, che postula una inevitabile decurtazione dell’orario settimanale in tale ordine di scuola, è l’ultimo colpo di mano di una manovra pesantissima del Governo che, attraverso provvedimenti d’urgenza (in particolare l’art. 64 del DL 24 giugno 2008, n. 112) e il colpevole avallo della maggioranza parlamentare che li ha convertiti in legge, sta destrutturando l’intero sistema di istruzione pubblica statale, colpendo tutti gli ordini e gradi di scuola e falcidiando le dotazioni organiche di personale docente ed ATA.

Contro tale manovra, ovvio che si attiveranno da subito iniziative di sensibilizzazione, di mobilitazione e di lotta, a partire da una vasta e capillare tornata di assemblee nelle scuole e sicuramente molto altro.

Il Decreto Gelmini qui di seguito.

DECRETO-LEGGE 1° settembre 2008 , n. 137

Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di attivare percorsi di istruzione di insegnamenti relativi alla cultura della legalità ed al rispetto dei principi costituzionali, disciplinare le attività connesse alla valutazione complessiva del comportamento degli studenti nell’ambito della comunità scolastica, reintrodurre la valutazione con voto numerico del rendimento scolastico degli studenti, adeguare la normativa regolamentare all’introduzione dell’insegnante unico nella scuola primaria, prolungare i tempi di utilizzazione dei libri di testo adottati, ripristinare il valore abilitante dell’esame finale del corso di laurea in scienze della formazione primaria e semplificare e razionalizzare le procedure di accesso alle scuole di specializzazione medica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 agosto 2008;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e l’innovazione;

E m a n a

il seguente decreto-legge:

Art. 1.

Cittadinanza e Costituzione

1. A decorrere dall’inizio dell’anno scolastico 2008/2009, oltre ad una sperimentazione nazionale, ai sensi dell’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, sono attivate azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all’acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle conoscenze e delle competenze relative a «Cittadinanza e Costituzione», nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse. Iniziative analoghe sono avviate nella scuola dell’infanzia.

2. All’attuazione del presente articolo si provvede entro i limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 2.

Valutazione del comportamento degli studenti

1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, e successive modificazioni, in materia di diritti, doveri e sistema disciplinare degli studenti nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, in sede di scrutinio intermedio e finale viene valutato il comportamento di ogni studente durante tutto il periodo di permanenza nella sede scolastica, anche in relazione alla partecipazione alle attività ed agli interventi educativi realizzati dalle istituzioni scolastiche anche fuori della propria sede.

2. A decorrere dall’anno scolastico 2008/2009, la valutazione del comportamento è espressa in decimi.

3. La votazione sul comportamento degli studenti, attribuita collegialmente dal consiglio di classe, concorre alla valutazione complessiva dello studente e determina, se inferiore a sei decimi, la non ammissione al successivo anno di corso o all’esame conclusivo del ciclo. Ferma l’applicazione della presente disposizione dall’inizio dell’anno scolastico di cui al comma 2, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sono specificati i criteri per correlare la particolare e oggettiva gravità del comportamento al voto insufficiente, nonché eventuali modalità applicative del presente articolo.

Art. 3.

Valutazione del rendimento scolastico degli studenti

1. Dall’anno scolastico 2008/2009, nella scuola primaria la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite è espressa in decimi ed illustrata con giudizio analitico sul livello globale di maturazione raggiunto dall’alunno.

2. Dall’anno scolastico 2008/2009, nella scuola secondaria di primo grado la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite è espressa in decimi.

3. Sono ammessi alla classe successiva, ovvero all’esame di Stato a conclusione del ciclo, gli studenti che hanno ottenuto un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline.

4. L’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, è abrogato e all’articolo 177 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) i commi 2, 5, 6 e 7, sono abrogati;

b) al comma 3, dopo le parole: «Per la valutazione» sono inserite le seguenti: «, espressa in decimi,»;

c) al comma 4, le parole: «giudizi analitici e la valutazione sul» sono sostituite dalle seguenti: «voti conseguiti e il»;

d) l’applicazione dei commi 1 e 8 dello stesso articolo 177 resta sospesa fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 5;

e) è altresì abrogata ogni altra disposizione incompatibile con la valutazione del rendimento scolastico mediante l’attribuzione di voto numerico espresso in decimi.

5. Con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, si provvede al coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli studenti e sono stabilite eventuali ulteriori modalità applicative del presente articolo.

Art. 4.

Insegnante unico nella scuola primaria

1. Nell’ambito degli obiettivi di contenimento di cui all’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nei regolamenti di cui al relativo comma 4 è ulteriormente previsto che le istituzioni scolastiche costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali. Nei regolamenti si tiene comunque conto delle esigenze, correlate alla domanda delle famiglie, di una più ampia articolazione del

tempo-scuola.

2. Con apposita sequenza contrattuale e a valere sulle risorse di cui all’articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è definito il trattamento economico dovuto per le ore di insegnamento aggiuntive rispetto all’orario d’obbligo di insegnamento stabilito dalle vigenti disposizioni contrattuali.

Art. 5.

Adozione dei libri di testo

1. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 15 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i competenti organi scolastici adottano libri di testo in relazione ai quali l’editore si sia impegnato a mantenere invariato il contenuto nel quinquennio, salvo le appendici di aggiornamento eventualmente necessarie da rendere separatamente disponibili. Salva la ricorrenza di specifiche e motivate esigenze, l’adozione dei libri di testo avviene con cadenza quinquennale, a valere per il successivo quinquennio. Il dirigente scolastico vigila affinché le delibere del collegio dei docenti concernenti l’adozione dei libri di testo siano assunte nel rispetto delle disposizioni vigenti.

Art. 6.

Valore abilitante della laurea in scienze della formazione primaria

1. L’esame di laurea sostenuto a conclusione dei corsi in scienze della formazione primaria istituiti a norma dell’articolo 3, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, comprensivo della valutazione delle attività di tirocinio previste dal relativo percorso formativo, ha valore di esame di Stato e abilita all’insegnamento, rispettivamente, nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche a coloro che hanno sostenuto l’esame di laurea conclusivo dei corsi in scienze della formazione primaria nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e la data di entrata in vigore del presente decreto.

Art. 7.

Sostituzione dell’articolo 2, comma 433,

della legge 24 dicembre 2007, n. 244

1. Il comma 433 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è sostituito dal seguente: «433. Al concorso per l’accesso alle scuole di specializzazione mediche, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, e successive modificazioni, possono partecipare tutti i laureati in medicina e chirurgia. I laureati di cui al primo periodo, che superino il concorso ivi previsto, sono ammessi alle scuole di specializzazione a condizione che conseguano l’abilitazione per l’esercizio dell’attività professionale, ove non ancora posseduta, entro la data di inizio delle attività didattiche di dette scuole immediatamente successiva al concorso espletato.».

Art. 8.

Norme finali

1. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 1° settembre 2008

NAPOLITANO

Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Gelmini, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca

Tremonti, Ministro dell’economia e delle finanze

Brunetta, Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione

Visto, il Guardasigilli: Alfano

6 thoughts on “Decreto Legge Gelmini e riforme della Scuola. Parliamone.

  1. Mi trovo in accordo con te. Anche per quanto riguarda i voti in decimi mi paiono più adeguati al mondo odierno. Non è accettabile invece che una decisione così gravida di conseguenze come quella del maestro unico sia presa frettolosamente in un qualsiasi primo settembre…

  2. le insegnanti ci hanno detto che: se calano le ore di insegnamento rischiamo di avere insegnanti che protrebbero fare 23 ore di italiano (esempio) e 1 di matematica. questo vuol dire che la qualita’ e la professionalita’ dell’insegnante verra’ a mancare?…perche’ non date il potere ai presidi di poterle LICENZIARE come nel privato? Rimane il fatto che ogni realta’ e’ a se: un paesino di 1.000 abitanti e’ diversa da una citta’. bravissima!!!! ci voleva una scossa anche alle insegnati che vivono in un mondo a se.

  3. cara signora Gelmini,perchè mette tutta questa fretta… perchè invece nn viene lei personalmente a rispondere alle nostre domande e esigenze visto che lei dice che siamo cosi poco informati.Non può impedirci di occupare la scuola perchè siamo in democrazia e noi giovani dobbiamo fare valere i nostri diritti soprattutto quello dell’istruzione. Nella mia scuola è stato consegnato un volantino in cui c’è scritto che verra abolito il proggetto Michelangelo e quello Brocca che consistono nei 5 anni sperimantali dell’artistico…perchè deve decidere lei per i ragazzi che vorrano iscriversi a questi proggetti che danno una preparazione che l artistico di ordinamento nn può dare visto che nn hanno materie importarti per accedere a tutte le università come invece possiamo fare noi dello sperimentale per poi nn parlare dei tagli che sta facendo nelle scuole e noi il primo liceo artistico torino abbiamo dovuto fare una colletta per comprare la carta igenica,vergognoso!!!comunque è inutile che lei ci fa passare come ignoranti e che usano le manifestazioni come opportunità per tagliare,infondo lei sa benissimo che sta provocando dei gravi danni all’ istruzione italiana che va riformata ma nn di certo in peggio! sono daccordo con il 5 in condotta e comunque nn tutti gli allievi manifesto per questo ma per la privatizzazione delle scuole e per i tagli dei laboratori…come mai il tg nn parla di questo??? visto che le nostre sono tutte cavolate perchè nn ci chiarisce lei le idee???A ROMA ALLA MANIFESTAZIONE sotto al palazzo dove c’era lei come mai nn è uscita a dare delle risposte a dei ragazzi che volevano solo chiarirsi le idee,lei nn vuole ascoltarci e vuole toglierci l istruzine perchè un popolo ignorante è più facile da covernare ma noi nn ci stiamo e continueremo a manifestare finchè lei non proverà a mettersi nei nostri panni.

  4. MINISTRO GELMINI, QUELL’ESPRESSIONE NON VA ………E NON SOLO

    Alla cortese attenzione dell’onorevole Mariastella Gelmini
    e p.c. Presidente CNUDD Prof. Paolo Valerio

    Oggetto: osservazioni sull’espressione “studenti diversamente abili” utilizzata nel decreto per i criteri ripartizione stanziamento per interventi studenti diversamente abili anno 2008
    Illustrissimo Sig. Ministro,
    sono un operatore che lavora da anni nel campo della disabilità e in particolare nei Servizi universitari di supporto agli studenti universitari con disabilità.
    Le scrivo sollecitato dalla lettura del Decreto Ministeriale 28 agosto 2008 prot. n. 159/2008, da Lei firmato, in cui campeggia l’espressione “studenti diversamente abili”, sulla quale vorrei proporLe alcune brevi considerazioni.
    Mi permetta di partire da una frase illuminante di Giuseppe Pontiggia apposta come dedica a un suo bel libro: «A tutte le persone disabili che lottano, non per diventare uguali agli altri, ma se stessi». Tale dedica ci interpella tutti, nessuno escluso.
    In nessun ambito della vita le parole sono chiacchiere, tantomeno nell’ambito del sistema formativo formale (quello di Sua competenza come Ministro): nella correzione dei temi contano perfino gli accenti e gli apostrofi, si immagini quindi il peso specifico delle parole! La mia non vuole essere una mera disputa lessicografica o semantica, nell’uso di certi termini sono in ballo questioni più profonde, che concernono il rispetto vero delle persone, delle loro storie di vita e della loro condizione esistenziale.
    L’espressione “studenti diversamente abili” è sempre più diffusa nel mondo dell’informazione e della politica, ma moltissimi fra i più competenti, preparati e appassionati operatori italiani nell’area delle disabilità hanno eccepito vigorosamente su di essa. Le riporto alcuni esempi: la teologa Adriana Zarri scrive che questa «ridicola e ipocrita definizione rappresenta il colmo dell’imbarbarimento e, in fondo, dimostra una mancata accettazione di uno stato di difficoltà»; Andrea Pancaldi parla di termine «carico di ambiguità»; il giornalista Franco Bomprezzi denuncia una «deriva linguistica che, nell’enfatizzare le capacità di alcuni, ignora le persone con maggiori difficoltà». Carlo Giacobini, poi, descrive il “neologismo” con acuta ironia come «un ansiolitico linguistico, utile al massimo a mettere in pace la coscienza di coloro che non si sono mai fatti carico sino in fondo di questi problemi».
    Personalmente ritengo che si tratti di un tentativo maldestro di “sdoganare” le disabilità, rimuovendo (o se si preferisce camuffando) le difficoltà reali che assillano giorno per giorno gli studenti universitari con disabilità. Invece di lottare per affermare nella prassi quotidiana il diritto all’uguaglianza di opportunità, si inseguono goffamente modelli efficientisti ed estetici. Qualcuno potrebbe obiettare che l’espressione mira a valorizzare le abilità residue (quando ci sono), il che è sicuramente doveroso ma ha come indispensabile presupposto il riconoscimento leale e oggettivo delle limitazioni delle attività, non la loro rimozione attraverso operazioni di ‘cosmesi comunicativa’.
    L’inserimento e l’inclusione sono possibili, da una parte, mediante provvedimenti amministrativi che favoriscano i progetti di vita indipendente di ciascuno (e quindi mettendo in campo investimenti); dall’altra, attraverso processi culturali di accettazione lunghi e complessi, che non solo non passano attraverso la proposta di nuove e ambigue definizioni ma possono addirittura essere da esse ostacolati.
    Gli studenti universitari con disabilità hanno bisogno di servizi, e non di questi biglietti da visita ingenui, e anche fuorvianti.
    Infine, vale la pena ricordare che il termine diversamente abile non ha nessun rigore scientifico, né alcuna valenza sul piano legislativo ed è intraducibile in altre lingue. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, che il 22/5/2001 ha approvato la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, suggerisce di usare il termine “persone disabili” o “persone con disabilità”.Mi auguro, Sig. Ministro, che non voglia liquidare questa mia lettera come un semplice esercizio di pedanteria e puntigliosità semantica, ma intenderla come un piccolo contributo sulla strada da percorrere per la piena promozione dei diritti di cittadinanza delle persone con disabilità e per la creazione delle condizioni perché possano essere se stesse e non quello che noi vogliamo che siano.
    E allora, mi creda Sig. Ministro, tutti noi saremo più autenticamente noi stessi.

    Napoli 19/01/2009
    Carmine Rizzo

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