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44 gatti si unirono compatti?

Letture preliminari: il post di Gigi Cogo e del post di Mariangela (ripreso anche su Facebook). Da leggere anche, ovviamente, i numerosi commenti. Conversazioni in corso che riprendo.

Oggetto: early adopters (o avanguardie) del cosiddetto web sociale contro resto del mondo (o almeno contro l’italiano medio e il suo rapporto col web).

Nel senso, come dice Gigi Cogo:

Discutiamo, “conversiamo”, scriviamo (riviste, libri, blog, ebook, ecc.), ci troviamo (cene, barcamp, aperitivi, convegni, work-shop, eventi markettari, conferenze, ecc.), spesso educhiamo (docenze, speech, ecc.) a volte gureggiamo (evangelizziamo, disegniamo strategie, diffondiamo suggestioni, ecc.) e quasi sempre usiamo un linguaggio che ci appartiene e che, spesso, solo noi comprendiamo (in modo da confondere gli avversari) ma, soprattutto usiamo (direi dominiamo) tutti i cazzabubboli tecnologici di ultima generazione. Siamo early adopters incalliti. Purtroppo vinciamo poco, anzi, perdiamo quasi sempre.

Siamo entusiasti ma parliamo difficile, soprattutto tendiamo a parlarci solo tra noi. Pochi sono (siamo?) quelli che provano a spiegare, parlando come si mangia, le cose di Internet.

Raccontiamo, spieghiamo, facilitiamo, condividiamo, ci mettiamo a disposizione, diamo una mano per poi sentirci dire: “Si ma a che mi serve?” O anche “Bello, bellissimo…certo che lei è veramente esperta!” e poi tanti cari saluti.

Cerchiamo soluzioni e canali utili e utilizzabili, li sperimentiamo, selezioniamo, riflettiamo sul possibile uso, ci confrontiamo, ci arricchiamo, vorremmo arricchire altri, gioiamo quando ci riusciamo, quando altre persone grazie a noi si affacciano al web sociale e cominciano a conversare con noi…Ma.

Per il web sociale ci vuole tempo. Solo partecipando in prima lo comprendi, il web sociale è soprattutto relazione con altri abitanti, con i contenuti. E’ mettersi in gioco. Quante volte ne abbiamo scritto?

La gente comune come percepisce il web, i social network ecc?


La gente con cui ci relazioniamo nella vita quotidiana, parenti, amici, colleghi ecc. Questo intendo per gente comune. Nessun piedistallo tra me e loro, sia chiaro.

La gente comune che oramai sa anche che internet esiste, probabilmente ha la connessione anche a casa, l’ha usato o visto usare o, se proprio, chiesto a qualcuno di usarlo quando ne ha avuto necessità, non sapendo “accendere il computer”.

Mio modestissimo parere: come ogni innovazione che ti può cambiare anche solo parzialmente la vita e la giornata, il web sociale alla gente lo dobbiamo spiegare con calma e semplicità, soprattutto dando alle persone almeno (o forse anche SOLO) una funzione (tra le mille disponibili) che, in quel preciso momento, può servire concretamente, in modo che la apprezzino e non ne possano più fare a meno. In modo che il cambiamento di paradigma, anche minimo, avvenga. In modo che si getti un seme. Solo che il seme va innaffiato e curato.

E’ un lavoraccio.

Con telefonini e SMS, però, il cambiamento è riuscito (si certo c’è ancora gente che non li sa mandare, ok):  tutte le mamme negli ultimi anni hanno imparato per forza di cose a leggere gli sms ricevuti dai figli e a rispondere loro, o no?

Il cambiamento di paradigma avviene quando la necessità si pone davanti. Di necessità, virtù. Conoscete qualcuno, oggi, che non sappia leggere o inviare un SMS?

Essere ottimisti quindi continua ad essere importante, soprattutto per noi che siamo solo “arrivati prima”.

Scendiamo tutti dal piedistallo: non siamo guru, strategist, docenti, esperti, ecc. ma solo persone che sono arrivate prima, hanno scoperto qualcosa di utile, ne apprezzano il valore, vogliono esser d’aiuto agli altri. Diffondono e divulgano, ognuno a suo modo, ognuno nella sua nicchia, ognuno con la sua rete sociale.

Il problema vero, dice Gigi, è quello della partecipazione. L’italiano medio non è portato alla partecipazione, piuttosto alla delega. Lo fanno gli altri, fino a che lo fanno gli altri…

Forse solo Facebook ha rotto il muro della partecipazione/condivisione di qualcosa in rete. Nella gente comune, intendo.

Forse, come dice Galatea, sopravvalutiamo l’uso che la gente realmente fa della rete e dei social network.

Sopravvalutiamo perchè diamo per scontato che il solo possesso degli strumenti e della connessione faccia della gente comune gente entusiasta come noi. A noi è piaciuto questo mondo e ci siamo fiondati dentro. Noi lo usiamo appieno, sicuramente è quello che capita a tutti.

…la maggioranza delle persone lo creda solo un mezzo per condividere l’ultima barzelletta scema, prenotarsi il volo low cost, guardare le tette della velina in carica, e poco altro. Un fenomenale strumento di cazzeggio per riempire i tempi morti della noia in ufficio o in famiglia.

La maggioranza delle persone adesso magari è su Facebook, ma non è detto che abbia capito molto.

La maggioranza delle persone ha internet per cercare (o meglio ha google, butta in pasto qualche parola, trova risultati e spesso non ha elementi per valutare l’autorevolezza o la reale utilità di quei risultati), per prenotare, per leggere qualche notizia, per vedere i video di youtube…

Il web in Italia non è un fenomeno veramente di massa. La maggioranza delle persone non possiede la grammatica d’uso, la maggioranza delle persone ha uno o più strumenti a disposizione e li usa al minimo, non vi è consapevolezza.

Eppure la gente comune il web sociale oramai lo frequenta pure. Quante persone conoscete che NON hanno un profilo Facebook? Poche, vero?

Sempre da Galatea:

Ci sono ragazzi che non hanno proprio il computer a casa, o, se lo hanno, lo usano giusto per giocare ai videogiochi e scopiazzare qualche ricerca da wikipedia, bellamente ignari, per altro, che wikipedia è una enciclopedia con impostazione diversa (nel bene e nel male) da quelle cartacee che consultavano i loro fratelli maggiori. Stanno su Facebook con altrettanta giovanile incoscienza: chattano, messaggiano, lasciano per sempre nei meandri del web foto e frammenti di riflessioni che un giorno potrebbero impedirgli di essere assunti nel posto che desiderano, intavolano con sconosciuti conversazioni che potrebbero magari essere pericolose, o perdono, molto più semplicemente, oceani di tempo che potrebbe essere meglio utilizzato. Non hanno alcuna nozione tecnica su cosa sia e come si comporti nello specifico il mezzo che usano: lo usano e basta, il che alle volte può sì farli incappare per caso in qualche rivelazione che a noi adulti sfugge, ma spesso significa solo che ci si muovono dentro a naso, e spesso si ritrovano nella situazione di uno che, dopo aver ricevuto un vecchio mangiadischi senza il libretto delle istruzioni, lo usi come tavolino d’appoggio senza intuirne la vera funzione. Attorno non ci sono adulti che possano spiegare loro come si fa, perché gli adulti stessi, i padri, le madri ma spesso e volentieri anche gli insegnanti, il web lo usano proprio come loro: per prenotarsi le vacanze, forse chattare con qualche amico distante, ma poco più.

E poi ci sono quelli che “Internet è il male, i telefonini sono il male, ecc.”

Poi ci siamo sempre noi, quelli “arrivati prima”.

I 44 gatti (o poco più) che “organizzarono una riunione per precisare la situazione” via blog e commenti, social network (Twitter/Friendfeed/Facebook) per parlarne tra noi ma soprattutto fuori da noi.

“Quando alla fine della riunione
fu definita la situazione
andò in giardino tutto il plotone
di quei gattini senza padrone.”

Ecco, scendiamo in giardino, non abbiam padrone, cosa possiamo fare?

Come unirci compatti (sempre per restare sulla canzoncina)?

Io (si certo ok, lo faccio anche perchè lo faccio per lavoro) da parte mia posso solo continuare ad alfabetizzare. A spiegare, a mostrare, a divulgare. Dal blog e dai social network, ma anche nella vita di ogni giorno.

Soprattutto spingere verso la consapevolezza.

Il web come il telefono, anzi meglio come un telecomando. Tutti lo usano, pochi sanno spiegare il funzionamento esatto, molti però hanno capito a che serve e lo usano per quello. Metteresti un telecomando in frigo? Useresti un telefonino per fermaporte?

No, vero? Ecco, perchè il web lo devi usare solo per cazzeggiare pensandolo come una zona franca dove tutto è possibile?

Abilitare all’uso attivo, partecipato o anche solo utile di strumenti e canali a disposizione di tutti, nessuno escluso.

Oppure continuare dal nostro piedistallo a gureggiare di qua e di là fra di noi 44 gatti early adopters?

5 thoughts on “44 gatti si unirono compatti?

  1. Urca che svolgimento. E’ un tema da maturità 🙂
    C’è un altra componente importante che tu hai sfiorato quando dici di fargli provare qualcosa di utile in quel momento……è quel concetto di “vivere l’esperienza” come la vivono loro, non come la viviamo noi.
    E questo è un cammino lungo……

  2. esatto gigi 🙂 l’esperienza non è la nostra, è la loro. (si visto che tema di maturità? saggio breve per l’esattezza…con documenti e fonti da commentare a supporto della tesi o anche da confutare…)

    Vabbè…smetto d fare la prof…

    Il discorso è complesso è va fatto realmente scendendo in mezzo alle persone e all’uso che ne fanno

    Il cammino è lungo si…

  3. Il vero cambiamento sta nella cultura e nella consapevolezza del mezzo.

    Il cammino non sarebbe lungo se ci fossero persone pronte a cambiare realmente e capaci di rapportarsi con gli altri e saper uscire fuori da schemi …pertanto io preferisco essere outstanding 😉

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