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Twitter tra comunicazione, narrazione, teologia, pastorale ecc.

Ad un articolo di Antonio Spadaro avevo già dedicato un altro post in cui si parlava del fenomeno Facebook. Su La Civiltà Cattolica di Antonio Spadaro è uscito un altro interessante articolo, stavolta Antonio Spadaro dedica un ottimo articolo a come Twitter ci cambierà la vita a breve, se non ce l’ha già cambiata.

L’articolo “Twitter cambierà la nostra vita?” lo troviamo sia sulla Civiltà Cattolica (© La Civiltà Cattolica 2009 III 17-28 quaderno 3818) che sulle note Facebook di Antonio Spadaro (via)

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Vi rimando alla lettura completa dell’analisi di Twitter e del suo uso e di come anche la chiesa lo sta adottando come strumento per veicolare comunicazioni immediate, dirette, ovunque, ai fedeli (quindi il Papa 2.0 è solo la punta di un iceberg, aggiungo io).

Io ne prelevo alcuni stralci interessanti.

Cos’è Twitter?

Un tweet, cioè un messaggino inviato su Twitter, è un sistema per inviare post in miniatura. Se un post è praticamente un articolo e richiede comunque tempo e riflessione, un tweet può essere un’idea, un concetto, un’informazione, un suggerimento, un appello… tutte cose che si scrivono velocemente. Ma l’idea originaria era quella di comunicare in 140 caratteri la risposta a una precisa domanda: What are you doing?, cioè «Che cosa stai facendo?». Twitter nasce dall’idea di rendere partecipi gli altri della propria vita, istante per istante, «cinguettando» se stessi al mondo delle proprie relazioni. Il messaggio di stato, cioè la risposta a quella domanda fondamentale, permette di partecipare a una sorta di ampio lifestreaming, un flusso di vita vissuta che in un modo o nell’altro viene diffuso e quindi condiviso con i propri contatti tramite i social networks (4), mantenendo un certo grado di intimità, almeno apparente. Lo stesso Facebook ha incorporato questa idea, rendendo il messaggio di stato il cuore di ogni profilo, una sorta di parola-chiave che attiva la conversazione (5). Quando l’utente scrive su Facebook che cosa sta facendo in quel momento, i suoi «amici» possono commentare il suo stato; su Twitter invece si può rispondere al messaggio in modo privato o pubblico.

E’ possibile una Teologia di Twitter, con Twitter, una «Twitter Theology»?

Non bisogna trascurare la presenza cristiana nel mondo dei twitters. Si è parlato di quella che viene definita, con un neologismo, twitness, cioè di una testimonianza (witness, in inglese) della fede tramite Twitter, ed esistono liste di utenti cattolici come Tweetcatholic e la lista elaborata da padre Roderick Vonhögen, della diocesi cattolica di Utrecht, in prima linea nell’evangelizzazione tramite gli strumenti elettronici (10). Il primo profilo di quest’ultima lista è quello del Papa, nel quale si dice subito però che non si tratta di un profilo ufficiale, e che tuttavia ha lo scopo di tenere aggiornati i followers sulle attività di Benedetto XVI. Esistono elenchi di vario genere, in realtà: un esempio tra i tanti è quello dei profili di musicisti riconosciuti come cattolici (11). Tra i ministri cristiani non cattolici è da segnalare Mark Brown, pastore anglicano neozelandese, anche lui, come p. Vonhögen in ambito cattolico, tra le personalità del mondo cristiano più attive in Rete in maniera intelligente e pionieristica.

Un uso peculiare è l’invio di brevi preghiere che vengono condivise con i followers, e che sono, in un certo senso, una nuova forma di giaculatoria capace di coinvolgere molte persone contemporaneamente (12). In realtà stanno emergendo nuove forme di piattaforme sociali di Rete legate alla fede, ma in modo particolare alla preghiera (13). Uno tra i network più interessanti è Kindle, attraverso il quale chiunque lo desideri può inviare una preghiera condividendola con altri, che possono unirsi e segnalare la loro condivisione (14). Le preghiere più recenti vengono visualizzare sulla homepage, e una mappa geografica, semplice ma di grande impatto, segnala l’elevarsi delle varie preghiere dai vari continenti. È anche possibile selezionare un’opzione che permette di inviare automaticamente la propria preghiera come tweet ai propri followers.

Qualcuno ha anche immaginato che Twitter possa essere una metafora della Chiesa intesa come interconnessione di fedeli opposta alla radicale solitudine propria della condizione umana, ipotizzando una «teologia di Twitter» (15). La Chiesa in questo senso verrebbe intesa come the ultimate social network, la rete sociale definitiva. La metafora è interessante ma inadeguata: l’«appartenenza» ecclesiale non è mai frutto di un «consenso» né è un «prodotto» della comunicazione. La Chiesa non è una rete di relazioni immanenti, ma ha sempre un principio e un fondamento «esterno». Se le relazioni in Rete dipendono dalla presenza e dall’efficace funzionamento degli strumenti di comunicazione, la comunione ecclesiale è radicalmente un «dono» dello Spirito. L’agire comunicativo della Chiesa ha in questo dono il suo fondamento e la sua origine. Inoltre i rapporti di Rete rischiano di formare un’abitudine all’inutilità della mediazione incarnata in un certo momento e in un certo luogo e, dunque, anche alla testimonianza e alla comunicazione autorevole.

Tuttavia è possibile immaginare molti usi pastorali di Twitter senza alcun bisogno di costruire su tale piattaforma una metafora inadeguata della Chiesa. Infatti può essere un sistema di rapida informazione per gruppi o anche per ordini e congregazioni religiose, come lo è già nel caso di alcune province della Compagnia di Gesù, per l’ordine degli agostiniani recolletti, per le missioni salesiane e così via. Pensiamo all’invio di brevi messaggi con le notizie fondamentali della parrocchia o di una comunità ecclesiale. La creatività dei credenti e dei pastori può trovare forme nuove di diffusione e condivisione del Vangelo e della vita della Chiesa: nel mondo cristiano ci sono già alcune esperienze di questo tipo (16). Alcuni parroci, e anche qualche vescovo, pongono domande durante l’omelia domenicale chiedendo ai fedeli di rispondere con tweets (17). A volte sacerdoti o pastori «cinguettano» una frase del Vangelo o uno spunto di meditazione. Si tratta di usi già attuati in comunità ecclesiali attive in contesti culturali molto sensibili alle nuove tecnologie e al loro uso ordinario.

Il successo di Twitter in sintesi è

Come ben si comprende, Twitter è una realtà molto flessibile perché può assumere varie valenze: dall’instant messaging, al pari di un sms, a un vero e proprio strumento di social networking come forma peculiare di blog collettivo, che permette di creare, scambiare e integrare idee, notizie e concetti: insomma un vero e proprio laboratorio di micro-comunicazione in fermento.

Ma anche e soprattutto:

l’everywhere messaging, che fa riferimento all’abilità di inviare messaggi sempre e dovunque: comunicando in maniera sincrona, in tempo reale, condividendo eventi e notizie. E questo può avvenire senza interrompere ciò che si sta facendo, e senza che colui che ci segue, il nostro follower, ricevendo il nostro messaggio, sia interrotto in maniera molto impegnativa dal messaggio ricevuto. Si capisce che tutto è relativo: se si hanno molti amici attivi, il rischio è quello di avere un flusso continuo e alienante di tweets, se la notificazione della ricezione dei messaggi è attiva sul proprio cellulare o smartphone. Tuttavia qui si fa riferimento al fatto che i tweets in se stessi sono discreti e poco impegnativi, pur veicolando a volte informazioni importanti: per scriverli occorre infatti esercitare l’arte dell’estrema sintesi. Dunque: ubiquità, rapidità e semplicità sono tre fondamentali punti di forza di Twitter. Per questo, anche più che ogni altro mezzo più complesso e articolato, testimonia l’ampia comunicazione che avviene in Rete e fa emergere subito le novità, permettendo la diffusione di notizie, opinioni, idee.

Interessante infine la spiegazione di Antonio Spadaro del come la comunicazione diventi narrazione vera e propria. Ma vi rimando all’articolo, altrimenti finisco per copiarlo tutto qui. Buona lettura.

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