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A che cosa serve Twitter sull’Espresso

Questo l’articolo di Federico Ferrazza uscito sull’Espresso di questa settimana in cui sono stata intervistata su Twitter insieme a Tommaso.

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Da L’espresso cartaceo.
C’è chi lo usa per raccontare agli amici cosa sta facendo (compresi i particolari più insignificanti). E chi lo usa per condividere con i colleghi risorse e link utili. C’è poi chi, aspirante reporter, ricorre ai suoi brevi “post” per raccontare in diretta un qualsiasi evento. E ci sono infine le aziende che lo “sfruttano” per pubblicizzare i propri prodotti. L’elenco potrebbe proseguire per intere pagine. Sì, perché descrivere tutto quello che oggi si può fare con Twitter è impossibile. Il motivo è semplice: i suoi utilizzi sono innumerevoli, e ognuno dei suoi 1,78 milioni di utenti ne ha uno tutto suo.

Al di là dell’uso, infatti, quello che è certo è il successo di Twitter. A febbraio ha registrato sette milioni di visitatori unici. Un vero e proprio boom rispetto a dodici mesi fa quando l’audience era stata di 475mila. Roba da far impallidire persino Facebook, registrando un incremento delle visite del 1.382 per cento: il “libro delle facce” ha invece collezionato un “misero” +228 per cento (con numeri complessivi ben più alti, comunque). Tanto che molti analisti si sono spinti a dire che se il 2008 è stato l’anno della consacrazione di Facebook, il 2009 sarà quello di Twitter.

Per i neofiti del genere Twitter è la piattaforma di microblogging per eccellenza. Che cosa significa? Che a differenza dei classici siti che permettono di realizzare un blog, Twitter consente dei post “limitati”: testi al massimo di 140 caratteri. Ma Twitter, che per la sua carica innovativa e la brevità dei suoi post è soprannominato l’sms di Internet, non è solamente uno strumento per creare blog in piccolo. La sua vera forza è la capacità di concentrare attorno a una persona una serie di “follower”. In altre parole i cinguettii (”to twitter” significa cinguettare in inglese) di ogni iscritto possono essere seguiti da tutte quelle persone (i follower) che si sono registrati per riceverli. I messaggi viaggiano in diversi modi. Direttamente sul web sul proprio account Twitter, via mail o Sms. Una funzione, quest’ultima, che però non è attiva in tutto il mondo. In Italia, per esempio, non lo è. Quando arrivò Twitter nel nostro paese alla fine del 2006 il servizio era attivo, ma i soliti furbetti lo usarono per ricevere centinaia e centinaia di sms e così ricaricare la propria tessera prepagata. Il tutto rischiando di mandare continuamente in tilt Twitter che decise di sospendere il servizio.

Figuracce italiane a parte, è proprio il modo veloce, semplice e ubiquo con cui nascono discussioni, cronache e conversazioni ad aver sancito il successo di pubblico di Twitter in questi ultimi mesi. Durante gli incendi che hanno colpito l’Australia nei mesi scorsi, per esempio, molti utenti di Twitter sul luogo hanno descritto l’evento che era facilmente rintracciabile nel motore di ricerca interno del sito.

Al momento gli Stati Uniti sono la patria dei cinguettii on-line. Celebrità, aziende e persone “comuni” usano Twitter in continuazione. In politica, oltre a Obama che se ne è servito in campagna elettorale, anche il suo rivale – il senatore John McCain – ha un account su Twitter per dialogare con i cittadini (a seguirlo sono oggi più di 260mila persone). Una delle fan più accanite di Twitter è poi Demi Moore. La star di Hollywood lo usa per chiacchierare con il marito Ashton Kutcher, sia in pubblico che in privato.

Le conversazioni su Twitter possono infatti essere private e chiuse a un ristretto numero di persone: basta impostare alcuni parametri e decidere chi può accedere ai nostri post. Non solo: anche quando si è nella modalità pubblica è possibile inviare messaggi a una sola persona dei nostri “follower” scrivendo, all’inizio del post, prima la @ e poi il nome dell’utente.

“Twitter nacque proprio con l’idea di mettere in contatto una cerchia ristretta di amici”, spiega l’esperto di microblogging Tommaso Sorchiotti: “Poi le cose sono cambiate e oggi ci sono “twitterer” che vengono seguiti da migliaia di persone come nel caso dell’esperto di nuove tecnologie Robert Scoble letto da quasi 75mila utenti”.

Dalla cerchia di amici a un pubblico più vasto si è passati per due motivi. Il primo riguarda la natura delle informazioni. Che non sempre interessano solo poche persone. Le dirette (come quella dell’insediamento di Obama alla Casa Bianca) non sono per esempio contenuti per pochi intimi. Non è un caso quindi che lo scorso gennaio sia stato Twitter il primo luogo in cui è apparsa la notizia dell’ammaraggio dell’Airbus A320 nell’Hudson. E anche gli attentati terroristici di Mumbai sono stati descritti minuziosamente dagli utenti di Twitter. Cambiando argoemento, il cestista Nba dei Milwaukee Bucks Charlie Villanueva, ha postato durante l’intervallo di una recente partita contro i Boston Celtics per raccontare gli umori dello spogliatoio (e anche il più celebre Shaquille O’Neal è un fan e utente di Twitter). Molti congressi e convegni vengono poi postati su Twitter: Repubblica.it ha per esempio cinguettato l’ultimo congresso di Alleanza Nazionale. E come il quotidiano italiano sono molti i giornali on-line stranieri che si affidano a Twitter per raccontare eventi in diretta. Ma non sono solo i professionisti dell’informazione a portare alla luce le notizie più interessanti. Anzi: i “normali” utenti di Twitter sono molti di più e potenzialmente ognuno di loro è un inviato sul campo. Per questo c’è addirittura chi come la rete inglese Sky News ha mandato a caccia di notizie un proprio giornalista – Ruth Barnett – dentro la piattaforma di microblogging.

Il secondo motivo per cui Twitter non è affare solo di pochi amici è l’uso che le aziende ne fanno. Molte società hanno deciso di sfruttarlo per pubblicizzare i loro prodotti e mantenere un costante contatto con i propri (potenziali) clienti. Che, ovviamente, più sono e meglio è.

“Uno degli utilizzi che si può fare di Twitter è poi nella didattica. Diversi docenti twittano per tenere aggiornata la propria classe”, dice Caterina Policaro, esperta di tecnologie per la didattica e che sul suo blog (www.catepol.net) ha pubblicato una sorta di guida a Twitter. Ma, nonostante il successo di pubblico, il futuro della piattaforma di microblogging – che secondo diverse stime è usata in Italia da circa diecimila persone – non è chiaro: “Sul web ci sono per esempio tante soluzioni che ormai inglobano Twitter (per esempio Friendfeed) e che mettono in un’unica pagina tutti gli aggiornamenti (provenienti da un blog, da YouTube o da Flickr, ndr.) di un unico utente”, continua Policaro: “Ci sono, poi, sempre più applicazioni che sono in concorrenza – anche se non diretta – con Twitter. E’ il caso di Facebook e degli altri social network che consentono, con l’aggiornamento del proprio status, di fare quello che si può fare con Twitter”.

In questa incertezza sul suo futuro, Twitter rimane comunque uno degli strumenti migliori per comunicare con i propri amici o raccontare un evento che si sta vivendo in diretta. Lo dimostra il successo di pubblico che ha riscosso dal giorno della sua nascita (marzo 2006) a oggi. Un successo che, come accade spesso sul web, non è però sinonimo di ritorni economici. Sebbene abbia recentemente raccolto da un venture capital un finanziamento da 35 milioni di dollari, il modello di business ancora latita. La pubblicità è una delle strade percorribili, anche se di questi tempi puntare solo sulla “classica” pubblicità on-line rischia di essere un suicidio. Qualche settimana fa l’imprenditore Jason Calacanis ha offerto 250mila dollari in due anni per apparire fra gli utenti più interessanti di Twitter. Ma si tratta dell’iniziativa di un singolo su cui Twitter non può fare affidamento. “Al momento neanche Twitter sa come farà soldi e ha assunto diverse persone incaricandole di trovare un modello di business”, conclude Sorchiotti: “E’ ipotizzabile che l’offerta si dividerà in due: gratis per gli utenti “semplici”, a pagamento per le aziende o quegli iscritti che vorranno delle funzionalità in più”. Ma se i cinguettii a pagamento porteranno i ritorni sperati nessuno ancora può prevederlo.

4 thoughts on “A che cosa serve Twitter sull’Espresso

  1. Si ma finchè rimarrà solamente in inglese si stenterà in italia

  2. Mi occupo di comunicazione scientifica. Arrivo al tuo blog facendo una ricerca su come il social web venga utilizzato nella comunicazione della scienza. Per ora sono agli inizi e mi sto ancora guardando intorno (ho aperto un twitter account da circa 10min) ma l’argomento mi pare davvero interessante. Forse ci vedremo a Matera.
    Intanto grazie delle info che trovo in questi post.

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