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Non è un caso…le vie del Signore passano anche da Facebook. Forse.

Da Zambardino apprendo l’esistenza di un articolo pubblicato sul numero in uscita di La Civiltà Cattolica di Antonio Spadaro Si tratta di un gran bell’intervento interamente dedicato al “fenomeno Facebook”.  L’articolo si può leggere su Facebook in una nota postata dall’autore che scrive di cose di internet sporcandosi le mani dentro lo stesso Facebook e quindi vivendolo come strumento e canale a disposizione. Se non sei iscritto a Facebook l’articolo lo trovi anche qui.

Non so se violo qualche diritto d’autore pubblicandone degli stralci, ma Spadaro oltre che spiegare bene cosa è facebook e come funziona, affronta alla fine dell’articolo il tema della religione (cristiana-cattolica, ovviamente, dentro Facebook).

La parte in cui spiega cosa è Facebook è veramente quello che si intende “2.0 per tutti!” e ve la riporto così com’è:

Che cos’è Facebook

Iscriversi a Facebook è molto semplice: basta inserire il proprio indirizzo e-mail e scegliere una password. Quindi, entrati nel sistema, è possibile iniziare a cercare i propri amici. In questo network ci si presenta per chi si è veramente, col proprio nome e cognome, e con il proprio volto reale. Facebook non è il luogo dell’anonimato o dell’identità falsata, ma quello della condivisione di ciò che si è e si fa realmente. Non manca l’ironia, ovviamente, nel modo di presentarsi, ma anche questa fa parte, in fin dei conti, della propria «realtà». In genere, basta cercare i propri amici col loro nome e cognome per trovarli, se essi sono già iscritti a Facebook, ovviamente. Man mano che si trovano amici è possibile chiedere di diventare loro «amico» nel sistema. Se l’altro conferma, è possibile accedere al suo profilo e vedere chi sono i suoi amici e così magari, sfogliando l’elenco, è possibile anche trovare ancora altri amici e così via. Accettare un amico su Facebook significa accettare di condividere l’elenco dei propri amici e dunque rendere possibile una sorta di scambio e di conoscenza reciproca, di vita e di relazioni.

Ma che cosa si condivide con gli «amici»?
Ciò che si pubblica nel proprio «profilo». Il profilo si compone di molti elementi grazie a una serie di applicazioni in continua evoluzione. Tuttavia ci sono alcuni elementi di base che possiamo definire standard per ogni profilo: innanzitutto una fotografia. Avere un account (un indirizzo) Facebook e avere un profilo privo di foto (cosa per altro possibile) è quasi un controsenso, visto che letteralmente il nome della piattaforma significa «libro delle facce». La scelta della foto non è irrilevante, perché essa è l’elemento principale del proprio profilo, quella che esprime prima di ogni altro messaggio la propria personalità o ciò che di sé si intende comunicare. Accanto alla foto si trovano una «bacheca», le «info», cioè le informazioni, e le «foto». Le informazioni mostrano ciò che l’utente vuol dire di sé in maniera più ufficiale, diciamo così, e sostanzialmente statica: i dati anagrafici, le attività professionali, il grado di istruzione e i luoghi di formazione, la condizione di stato civile, ma anche l’orientamento sessuale e quello religioso.

Ma è la «bacheca» (o wall) ad essere il cuore di ogni profilo. Essa è una sorta di lavagna nella quale è possibile scrivere momento per momento, usando una breve frase, quello che si sta facendo — il proprio «stato» (status) nel gergo di Facebook — e in questo modo rendere queste informazioni pubbliche per gli amici. La domanda essenziale dello status è dunque: «Che stai facendo?». La risposta è una sorta di parola-chiave che attiva la conversazione. Nel momento in cui l’utente scrive che cosa sta facendo, i suoi «amici» possono commentare il suo stato (3). Da quando è stata diffusa l’applicazione che serve per aggiornare il proprio profilo direttamente dal cellulare, modificare di frequente il proprio stato è cosa semplicissima.

Quando poi si accetta l’amicizia di una persona, il fatto viene reso pubblico sulla propria bacheca. E questo avviene anche quando si modifica in qualunque modo il proprio profilo grazie ad applicazioni che ormai proliferano. Ad esempio, quando si caricano fotografie, magari scattate al volo con un cellulare, o si pubblica una nota di testo (una riflessione, una citazione, un pensiero…) o si risponde a un quiz o a un test, o si aggiunge un link a una pagina web che si ritiene interessante o si carica un video pubblicato su Youtube.

Le statistiche sono interessanti: pare che ogni mese siano caricate su Facebook circa 700 milioni di immagini (attualmente sono circa 10 miliardi), quattro milioni di video e 15 milioni tra note, link e post vari. Ogni aggiunta al proprio profilo può essere commentata dagli «amici»: i commenti vengono tutti pubblicati sulla propria bacheca, uno dietro l’altro. Va precisato che, qualora uno dei contenuti (che si chiamano post) non dovesse essere gradito o giudicato opportuno, può essere facilmente cancellato. Ogni elemento aggiunto al proprio profilo o alla propria bacheca costruisce un pezzo dell’identità dell’utente, cioè della sua immagine pubblica. Va da sé il rischio di crearsi una rappresentazione artificiale, spesso allo scopo di sembrare più accettabili, graditi, perfino desiderabili, anche sessualmente. Ecco uno dei punti problematici delle identità costruite in Rete: presentarsi in pubblico in maniera non diretta e reale ma tramite un profilo «costruito» è sempre in qualche modo fare «spettacolo» di sé con tutte le possibili derive narcisistiche.

Le applicazioni che si possono usare su Facebook e che permettono di aggiungere contenuti al proprio profilo e alla propria bacheca sono in continuo aumento.

È possibile anche grazie a Causes rendere pubblica una causa da difendere o invitare i propri amici a aderire a petizioni o manifestazioni pubbliche. È possibile inoltre segnalare a tutti le città del mondo che si sono visitate, e così via. L’elenco delle applicazioni sarebbe davvero troppo lungo per essere censito qui: ne esistono circa oltre 50.000, infatti, con una crescita di 140 al giorno. Notiamo infine che le applicazioni possono apparire sul proprio profilo, che dunque viene costruito graficamente pezzo per pezzo come un mobile che si monta o un appartamento che si arreda. La scelta e l’ordine delle applicazioni che appaiono nel profilo dicono già qualcosa di chi lo ha messo on line.

Su Facebook poi è possibile diventare fan di personaggi notevoli, grandi pensatori, artisti, divulgandone la fama tra gli amici. Ma allo stesso modo è però anche possibile creare fan club di persone di dubbia fama, modelli negativi, perfino di persone che si sono macchiate di delitti e sanzionate dalla legge.

È possibile formare gruppi di interesse e aggregare persone tra i propri amici e poi gli amici degli amici in un tam tam spontaneo. Ne esistono attualmente circa 19 milioni. È poi possibile inviare un messaggio a tutti i membri o anche costruire un evento a cui invitare amici e iscritti.

Usare Facebook per darsi un appuntamento «reale» è pratica che si sta diffondendo, sostituendo telefonate ed e-mail. Infatti Facebook, se si abilita la funzione, provvede ad avvisare gli iscritti di ogni novità che riguarda nuove richieste di amicizia, proposte di far parte di un gruppo, l’invito a un evento (che va dalla partecipazione a una conferenza a una serata in pizzeria o al cinema, a un party…). Ogni mese vengono creati su Facebook circa due milioni di eventi.

Nella pagina del proprio profilo appare anche pubblicità su una colonna laterale, in maniera evidente, ma occorre dire anche non pesantemente invasiva. L’utente, se vuole, può esprimersi con un sistema abbastanza semplice sulla pubblicità che vede apparire accanto al proprio profilo, e valutarla positivamente o negativamente in modo che il sistema si autoregoli sulla base dei contenuti offerti. In ogni caso quella pubblicità sta lì a ricordare che Facebook è un’azienda che mira a creare profitti e non un gruppo filantropico.

Approfondite il discorso direttamente sull’articolo.

Tornerò a scrivere della parte finale, che è quella che apre diverse prospettive, anche sociologiche.

Sono sempre quella che vi vuole mettere in guardia su Facebook, no, non ho cambiato idea.

Anzi vi segnalo anche queste slides che spiegano bene come difendere la propria privacy su facebook e come usarlo consapevolemente.

Non sono nessuno, ovviamente, per dire se esiste o meno la fede su Facebook o se Facebook può essere uno strumento di divulgazione della parola di Dio. Però, secondo me, si.

E non è un caso che anche la Chiesa si interessi.

Non è un caso che io stia usando Facebook molto intensamente in questi giorni.

Non è un caso che oltre ai compagni di scuola, io abbia cercato gli amici dell’oratorio salesiano di Vibo (numerosissimi tra l’altro). Non è un caso che io abbia trovato un fil rouge tra i contatti dei miei amici che mi ha portato a ritrovare altri amici di tutta l‘Italia Meridionale e non solo, tra cui anche salesiani/e e persone con cui ho (abbiamo, spesso c’era anche husband) condiviso un bel pezzo di cammino. E parliamo di 15 anni fa più o meno.

Non è un caso che col giro delle iscrizioni ai gruppi e gli inviti di alcuni amici, ci siamo ritrovati iscritti al gruppo di Don Bosco, della Famiglia salesiana, degli animatori salesiani...

Non è un caso che le Missioni Don Bosco si siano affidate al VIRALE per diffondere i loro messaggi.

Non è un caso che Don Bosco stesso fosse un grande comunicatore.

Non è un caso che mi sia venuta voglia di utilizzare Facebook per rientrare in contatto con tanta altra gente del mio passato (anzi del nostro, ripeto in molti casi c’era anche husband), persa di vista perchè all’epoca uno strumento così potente come Facebook non c’era, per tenersi in contatto…

Non è un caso che l’idea sia stata gradita.

“Vicino o lontano, io penso sempre a voi…” come diceva Don Bosco.

Non è un caso che tutto ciò accada in questi giorni che precedono la festa di San Giovanni Bosco (31 gennaio per chi non lo sapesse). Non è un caso.

Tu chiamala se vuoi “serendipity”…io invece continuo a pensare che non sia veramente un caso tutto ciò.

Il bello di internet e delle persone che abitano la rete è anche questo, no?

5 thoughts on “Non è un caso…le vie del Signore passano anche da Facebook. Forse.

  1. @paolo no no…qualcuno lassù mi chiederà invece conto della santità smarrita già da tempo…prima o poi 😉

  2. Ah sì sì certo, immagino che il disegno intelligente prevedesse FB ab ovo.

Comments are closed.

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